"Lilli una belva, per Giorgino mi sono vergognato", confessioni di un Direttore prossimo alla pensione



Clemente J. Mimun, il direttore del TG5, sta per confessarsi in un libro. Senza dimenticare di togliersi qualche sassolino dalla scarpa (si veda Gruber e Giorgino) ed elogiare i migliori (si veda Mollica e Lucci).

di Paolo Conti *

Clemente Mimun, anche lei scrive un libro di memorie...
«Per le memorie c'è tempo. Solo appunti che riordino per divertimento».

Peschi un episodio. Ma che abbia il sapore della politica
«Una certa edizione del Tg1 delle 20. Preparo la scaletta a uso interno a metà pomeriggio. Mi chiama alle 17.30 un leader della sinistra, che non nomino perché ora conta poco: "Come mai la mia dichiarazione non appare nel Tg di stasera"? Alla Rai succede. Gente che riferisce ai partiti. Si arriva alle proteste anticipate a Tg ancora non trasmesso. Io rispondo: "Faccio finta di non aver mai ricevuto questa telefonata"».



A chi affiderà questo librino, diciamo, di appunti?
«Preferirei un piccolo editore. Vedo troppi storici Rai improvvisati che raccontano una loro non-verità. Per esempio Giulio Borrelli ha esagerato. Mi ha tirato in ballo perché sono stato in Rai poi in Mediaset per tornare in Rai... Dimentica che lui è arrivato da "l'Unità", più che organico al partito. Che poteva contare sulla protezione di Roberto Morrione, gran professionista che, lui sì, avrebbe meritato di dirigere il Tg1, ma anche militante Pci, poi Pds e Ds, infine Pd. Che alla direzione del Tg1 lo mise D'Alema. Mi dispiace di averlo trattato sempre con i guanti bianchi».

In quale occasione, Mimun?
«Da direttore conquistai personalmente un'intervista a Bush nel 2002. La passai a lui come corrispondente. Sono stato uno sciocco. Ora ha scritto quel libro perché è a un passo dalla pensione e poiché molti del tg1 hanno trovato posto in Parlamento. Si sarà detto: non si sa mai...».



Nel suo futuro libro di appunti chi citerà del Tg1?
«Per esempio Lilli Gruber. Indubbiamente brava. Mi è simpatica perché è una belva e non fa niente per nasconderlo. La portai io al Tg1. Mi chiamò al tempo della nomina di Bruno Vespa alla direzione. Non ci avevo mai preso nemmeno un caffè prima. A Vespa l'idea piacque. Lilli lo ricompensò dopo, capeggiando la rivolta al Tg1 contro di lui. Ricordo con divertimento, durante l'ultimo conflitto iracheno, cosa disse di colleghi e colleghe inviati, li massacrò. Con meno divertimento ricordo quando definì "resistenza" quella irachena e "mercenari" i poveri Quattrocchi e compagni. Protestarono tanti, anche da sinistra. Quando tornò da Baghdad trovò un mio mazzo di fiori, finì in diretta a "Domenica in" con standing ovation. Le chiesero: qual è stata la prima cosa che ha fatto? Rispose: riabbracciare mio marito. Però aveva trascorso con lui, che è un collega, tutto il periodo. Lilli ha l'istinto del giornalismo e insieme della scena».



Però urge un ricordo positivo verso qualcuno, a questo punto.
«Vincenzo Mollica. Gli proposi prima una vicedirezione al Tg2 e poi al Tg1. Rifiutò sempre: "Ti prego, preferisco fare ciò che faccio". Unico in tutta la Rai. Scoprii che guadagnava una miseria rispetto ad altri colleghi. Lo nominai caporedattore. Comunque la Rai è piena di ottimi operatori, montatori, maestranze varie che lavorano senza guardare alla politica».

In quanto ai giornalisti, ce ne saranno di bravi...
«Penso ai molti che ho lanciato: Stefano Campagna, Valentina Bisti, Luigi Monfredi. Alla grande capacità di Claudio Fico. Ho avuto feeling professionale con Riccardo Colzi, ora tornato al Tg3 di Bianca Berlinguer. Gente che lavora. Non divi».


In quanto ai conduttori, accusati proprio di divismo?
«Se guardo Francesco Giorgino, mi chiedo se ci sia un suo gesto privo di un calcolo. Dirigevo il Tg2, lui era a Sanremo per un Dopofestival. Mi vide e mi salutò in diretta: ecco Mimun, un grande direttore, speriamo venga presto da noi... Mi vergognai per lui. Poi, quando ero al timone del Tg1, lui che era sempre stato di centrodestra, in un momento politicamente complicato, in un'intervista prese le distanze da Berlusconi e attaccò la mia gestione. Non ebbi dubbi: io lo avevo portato all'edizione delle 20 e io di lì lo tolsi. Fui tormentato da decine di telefonate. Mi dicevano: è pentito, va perdonato. Dal cinema. Dai vertici aziendali. Dalle alte sfere del mondo della comunicazione del Vaticano. Parliamo di una persona che ha scritto un manuale di giornalismo e non ha messo in copertina una foto di McLuhan. Ma di se stesso».

Ci sarà un episodio non «politico», per finire...
«Ma sì. Al Tg2 chiedo l'elenco dei precari per assumerne uno bravo. Trovo il nome di Enrico Lucci, già bravissima Iena. Lo chiamo, lui viene. Gli propongo un'assunzione dicendogli: tu adesso hai la fama e un po' di soldi, ma chissà quanto dura, io ti posso garantire meno riflettori però un contratto a vita. Lui ci pensa un giorno e mi dice no, non se la sente di accettare poi mi chiede: "Clemente, per favore, facciamo che non sono mai venuto qui, altrimenti mi tolgono dall'elenco dei precari Rai...". Fantastico, sincero, autentico».

* giornalista de Il Corriere della Sera