In memoria di Giuseppe Decollanz

Montepeloso, ora Irsina, veduta della cattedrale

di Gigi Decollanz

Cari Amici, Cari Fratelli,
di fronte a noi tutti è … l’inevitabilità.
L’inevitabilità della vita che l’imperscrutabile Disegno di Dio ci riserva per ricordarci la nostra condizione imperfetta. Noi la chiamiamo Morte del corpo. In questi momenti l’Uomo si interroga su cosa c’è dopo la vita, tuttavia la Morte serve a rammentarci che prima di essa c’è stato proprio il miracolo della Vita. Ed è quindi della Vita che l’uomo deve interrogarsi, di fronte alla Morte. Di come l’abbiamo condotta, di come l’abbiamo utilizzata, e se l’abbiamo effettivamente meritata.

Nostro Padre si è meritato la sua Vita! Nato in condizioni di disagio con un padre morto in guerra e con due fratelli più piccoli, in una Lucania ricca però di tanta umanità, ha saputo trovare la forza, grazie alla tenacia tipica di tutti i Montepelosani, di edificare una vita ricca e meritevole dedicandola e consacrandola interamente alla Famiglia ed alla Scuola. Famiglia e Scuola che nella sua visione costituivano i mattoni principali della società moderna ed evoluta che lui sognava sin da bambino.

Sin da quando era costretto a divertenti stratagemmi, come ci racconta nel suo libro a me più caro “La Guerra siamo Noi”, per mettere insieme il pranzo con la cena, quando poi ci riusciva. Le sue opere letterarie testimoniano ora il suo pensiero, e ne amplificano l’importanza in un contesto sociale che pare avere smarrito “la retta via” . Opere che narrano le vicissitudini della sua amata Terra lucana e che nascondono tra le pieghe quell’acre amarezza dell’Educatore consapevole che il Suo insegnamento non può bastare a cambiare le cose senza una concreta presa di coscienza collettiva. Tanto da sentire la necessità di scriverne ancora, fino a lasciarne alcune inedite alla Sua morte, che noi presto provvederemo a far pubblicare.

Adesso lo affidiamo alla misericordia di Dio, e lo ringraziamo per avercelo donato. E’ stato un marito irreprensibile, un padre amorevole e giusto, un nonno felice.

Ciao Peppino, ci mancherai tanto.

Nel cielo blu trapunto di stelle
la sagoma lucente della cometa
sembrava volersi adagiare

da "I datteri di Giarabub" di Giuseppe Decollanz