"Pie pellicáne, Jesu Dómine,
Me immúndum munda tuo sánguine,
Cujus una stilla salvum fácere,
Totum mundum quit ab ómni scélere"
San Tommaso d'Aquino
"Oh pio Pellicano, Signore Gesù, purifica me, immondo, col tuo sangue, del quale una sola goccia può salvare il mondo intero da ogni peccato". Così scriveva San Tommaso nell'Adoro te devote, uno dei cinque inni eucaristici dedicati al Corpus Domini nel 1264. Sì, oggi vorrei parlare proprio del Pellicano.
Simbolo eucaristico per eccellenza, quindi, questo volatile viene spesso raffigurato nell'arte religiosa eretto sopra il suo nido, con le ali spalancate in un tenero abbraccio, nell'atto di nutrire i suoi piccoli. La sua caratteristica principale è quella di avere nel becco una sacca membranosa dove depone i pesci catturati. Esso, per dar da mangiare ai suoi cuccioli, ritrae il becco verso il petto per favorire l’apertura di questa sacca. Spesso le sue piume sono tinte di rosso a causa del sangue delle sue prede e questo ha fatto si che si diffondesse la credenza che pur di conservare la vita dei suoi figli si lacerasse il corpo per nutrire la sua progenie.
Per i cristiani, quindi, rappresenta l'estremo sacrificio di Cristo che, sulla croce, offre la vita per la salvezza dei suoi figli. Il Pellicano è Gesù, Gesù è il Pellicano.
Anche Dante utilizza questa simbologia in riferimento all'ultima cena in cui l’apostolo Giovanni reclinò il capo sul petto di Gesù: “Questi è colui che giacque sopra ‘l petto del nostro Pellicano, e Questi fue di su la croce al grande officio eletto” (Paradiso, XXV, 112-114).
Ecco quindi che Il pellicano diventa il simbolo dell’abnegazione con cui si amano i figli. Per questa ragione l’iconografia cristiana ne ha fatto l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, salito sulla Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l’acqua, fonte di vita per gli uomini. Ma il pellicano è una figura rappresentativa anche in altre culture. I musulmani, per esempio, lo considerano sacro poiché, come narra una leggenda, allorché i costruttori della Ka’ba dovettero interrompere i lavori per mancanza d'acqua, stormi di pellicani avrebbero trasportato nelle loro borse naturali l'acqua occorrente a consentire il completamento dell'importante costruzione sacra.
"Il Fisiologo" nel suo inventario ("Physiologus" è una piccola opera redatta ad Alessandria d'Egitto, probabilmente in ambiente gnostico, tra il II e il IV secolo d.C. da autore ignoto) dice che il pellicano ama moltissimo i suoi figli: «quando ha generato i piccoli, questi, non appena sono un po' cresciuti, colpiscono il volto dei genitori; i genitori allora li picchiano e li uccidono. In seguito però ne provano compassione, e per tre giorni piangono i figli che hanno ucciso. Il terzo giorno, la madre si percuote il fianco e il suo sangue, effondendosi sui corpi morti dei piccoli, li risuscita».
Consiglio poi, a chi volesse approfondire l'iconografia medievale del Pellicano, di visitare il sito web di Elisabeth Braidwood.
L'allegoria del Pellicano, dunque, sta ad indicare che la vera esistenza eucaristica, nell'esercizio dell’amore verso il prossimo, consiste nel dare se stessi, la propria esperienza, il proprio corpo. Si può certamente dare qualcosa di noi, delle nostre sostanze, dei nostri beni, del nostro superfluo. E questa generosità è una grande manifestazione di amore.