Gandhi e la "Disobbedienza civile" di Thoreau
Il "testo sacro" della disobbedienza civile è il saggio del 1849 di H.D.Thoreau intitolato appunto "Disobbedienza Civile". Thoreau fu un convinto antischiavista. Questa convinzione lo portò a rifiutarsi di pagare le tasse al governo americano e per questo venne imprigionato. Venne poi rilasciato solo perché un parente decise di pagarle per lui.
Gandhi introdusse questa forma di protesta come centrale nell'ambito della sua azione non-violenta. Anche lui trasse ispirazione dal saggio di Thoreau che aveva letto in gioventù. La disobbedienza civile consisteva e consiste nel violare pubblicamente e consapevolmente le leggi o i comandi amministrativi ritenuti ingiusti, accettando però le punizioni previste (il rifiuto della sanzione non veniva considerato da Gandhi un atteggiamento non-violento).
Il Mahatma incitava a:
- non pagare le tasse;
- praticare l'obiezione di coscienza al servizio militare;
- violare le norme legislative o gli atti amministrativi che limitano illegittimamente la libertà fondamentali (stampa, manifestazione, sciopero, riunione, ecc. ).
A volte gli atti di disobbedienza civile potevano essere puramente simbolici, come fu per l'estrazione del sale alla fine della Marcia del 1930. Per Gandhi la disobbedienza civile rappresentava, insieme al digiuno, la forma culminante di resistenza non-violenta; egli la definì "un diritto inviolabile di ogni cittadino", e affermò che "rinunciare a questo diritto significa cessare di essere uomini".
A questo proposito bisogna ricordare come Gandhi trascorse un totale di 2.338 giorni di detenzione in Sudafrica e India a causa degli arresti dovuti alle sue lotte politiche utilizzando i principi della disobbedienza civile.
Mandela, per fare un piccolo parallelo, per affermare i suoi ideale sopportò poco meno di 10.000 giorni di detenzione.
Ecco un passo interessante del saggio di di H.D.Thoreau:
«La massa degli uomini serve lo stato in questo modo, non come uomini soprattutto, bensì come macchine, con i propri corpi [...] Uomini del genere non incutono maggior rispetto che se fossero di paglia o di sterco [...] Le leggi ingiuste esistono: dobbiamo essere contenti di obbedirle, o dobbiamo tentare di emendarle, e di obbedirle fino a quando non avremo avuto successo, oppure dobbiamo trasgredirle da subito? [...] Se mille uomini non pagassero quest'anno le tasse, ciò non sarebbe una misura tanto violenta e sanguinaria quanto lo sarebbe pagarle, e permettere allo Stato di commettere violenza e di versare del sangue innocente. Questa è, di fatto, la definizione di una rivoluzione pacifica, se una simile rivoluzione è possibile. Se l'esattore delle tasse, od ogni altro pubblico ufficiale, mi chiede, come uno ha fatto, "Ma cosa devo fare?" la mia risposta è: "Se vuoi davvero fare qualcosa, rassegna le dimissioni". Quando il suddito si è rifiutato di obbedire, e l'ufficiale ha rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico, allora la rivoluzione è compiuta [...]
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