Perché il termine Woke è diventato un bersaglio culturale: capirne le origini per ritrovare un significato condiviso


Pochi termini negli ultimi anni sono stati così discussi, utilizzati, fraintesi e strumentalizzati come "
woke". Oggi evoca spesso immagini di scontro culturale, di divisioni profonde e di dibattiti infuocati. Eppure, comprendere le origini di questa parola e della cultura ad essa associata è fondamentale per decifrare le tensioni del nostro tempo e, forse, per ritrovare un terreno comune.

Le origini: una "sveglia" contro l'ingiustizia

Il termine "woke", letteralmente il participio passato del verbo inglese "to wake" (svegliare), affonda le sue radici nell'inglese vernacolare afroamericano (AAVE). Iniziò a diffondersi decenni fa come un invito a rimanere "svegli", vigili, consapevoli nei confronti delle discriminazioni razziali sistemiche e delle ingiustizie sociali subite dalla comunità nera negli Stati Uniti. Era, nella sua essenza originaria, una vera e propria sveglia per le coscienze, un richiamo potente a non restare indifferenti di fronte alle dilaganti iniquità, un tentativo di contrastare la cultura dei più forti e proteggere i più deboli e fragili. In questo senso, rappresentava un'istanza profondamente etica: essere consapevoli per poter agire e cambiare lo status quo.

Con la crescita di movimenti per i diritti civili come Black Lives Matter, il termine ha guadagnato popolarità globale a partire dagli anni 2010, espandendo il suo significato. Essere "woke" è diventato sinonimo di consapevolezza non solo riguardo al razzismo, ma anche ad altre forme di oppressione e disuguaglianza legate al genere, all'orientamento sessuale, alla classe sociale e ad altre categorie. In molti ambienti progressisti, identificarsi come "woke" significava dichiarare il proprio impegno attivo per la giustizia sociale e l'equità.

Dalla consapevolezza allo scontro: la polarizzazione del termine

Tuttavia, questa espansione e popolarizzazione hanno portato anche a complessità e tensioni. Con il tempo, è emersa la percezione – o per alcuni la realtà – che alcuni movimenti abbiano quasi monopolizzato l'uso del termine e delle sue implicazioni, talvolta adottando approcci percepiti come rigidi o intransigenti. Questa dinamica ha contribuito a polarizzare l'opinione pubblica, trasformando quello che poteva essere un invito a un dialogo costruttivo in un terreno di scontro. Invece di favorire una mediazione il più possibile condivisa e alimentare un risveglio collettivo basato su principi di giustizia ampiamente condivisibili, si è spesso assistito a un inasprimento delle posizioni e a uno scontro sociale che ha allontanato molti.

Questo clima ha permesso ai critici e agli oppositori di queste istanze sociali di appropriarsi del termine, svuotandolo del suo significato originario e trasformandolo in un'etichetta dispregiativa. Oggi, "woke" viene spesso usato in modo caricaturale per deridere o delegittimare qualsiasi istanza progressista, ambientalista o di giustizia sociale, dipingendola come eccessiva, irrazionale o addirittura pericolosa ("cancel culture", politicamente corretto esasperato, ecc.).

Oltre la caricatura: ritrovare i principi condivisibili

Ma non può essere accettabile far diventare "woke" un termine dispregiativo fine a sé stesso, ignorando le problematiche reali che intendeva sollevare. Svalutare il termine significa, troppo spesso, svalutare le lotte per l'uguaglianza e la giustizia che esso originariamente rappresentava.

Forse, la via d'uscita da questa impasse culturale è proprio quella di tornare ai principi originari della cultura "woke": la sensibilità verso le ingiustizie, l'attenzione ai più vulnerabili, la volontà di mettere in discussione i privilegi e le dinamiche di potere inique, l'aspirazione a una società più equa per tutti. Questi principi, spogliati dalle rigidità e dalle strumentalizzazioni successive, animati dal desiderio di trovare una sintesi tra prospettive diverse, dovrebbero essere condivisibili dalla maggior parte degli esseri umani, indipendentemente dall'orientamento politico. 

Ritrovare questo nucleo etico fondamentale potrebbe essere la chiave per trasformare lo scontro in un dialogo costruttivo e per realizzare quel risveglio collettivo di cui c'è ancora, e forse oggi più che mai, un disperato bisogno.

by Maurizio Decollanz. Powered by Blogger.